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sabato 13 gennaio 2018

DIRITTO POSITIVO, DIRITTO NEGATIVO E CONSUETUDINE



http://www.pasqualemarinelli.com
E' di fondamentale importanza essere consapevoli di quando si dovrebbe parlare di legge nel vero senso della sua parola e quando no.

Nella rubrica Discussioni di Economia, questa volta parlerò di diritto. Nella prima parte del post distinguerò il diritto negativo da quello positivo, spiegando le ragioni per cui è preferibile il primo rispetto al secondo

Oggi assistiamo sfiniti all'emanazione di una miriade di decreti, regolamenti, circolari e quant'altro, che vengono fatti rientrare comunemente nella definizione generale di legge, divenuta ormai un calderone, sempre più colmo, di regolamentazioni relative a fattispecie particolari e che rendono gli individui assoggettati sempre meno liberi di agire (si pensi solo all'assurda normativa fiscale, a quella del lavoro o alle demenziali dispozioni burocratiche che costellano la vita degli italiani). Queste disposizioni che noi siamo tenuti a rispettare come legge, nella maggior parte dei casi sono frutto di studi a tavolino, condotti da una minima parte della popolazione (ritenuta eletta), per avvantaggiare una categoria sociale piuttosto che un'altra e che, il più delle volte, risultano essere prive di giudizio e tutt'altro che giuste per gli interessi dell'intera collettività.

E' di fondamentale importanza essere consapevoli di quando si dovrebbe parlare di legge nel vero senso della sua parola e quando no.

A questo scopo, è necessario fare una netta distinzione fra due tipologie di insiemi di norme. L'insieme delle norme che riconoscono ad un individuo il diritto a non subire qualcosa da qualcun altro si definisce "diritto negativo". L'insieme delle norme che impongono a qualcuno di fare qualcosa per qualcun altro si definisce "diritto positivo"

I diritti negativi sono dotati di contenuti ben definiti perché non implicano obblighi o doveri da impartire, ma solo divieti generali: ad esempio, il diritto alla proprietà privata implica semplicemente che rubare sia un crimine e, dunque, che rubare è semplicemente vietato; mentre i diritti positivi implicano obblighi imposti a persone terze, che non sono dotati di contenuti specifici, ma che necessitano di leggi esplicative che li interpretino e li definiscano in maniera particolare: ad esempio, per difendere la proprietà privata si obbligano gli individui a difendere la proprietà altrui. E' evidente come, nel primo esempio (di diritto negativo) il diritto alla proprietà privata sia inequivocabilmente definito, mentre nel secondo esempio (di diritto positivo) la disposione giuridica di difendere la proprietà privata altrui non abbia un contenuto intrinseco, in quanto necessiti di ulteriori precisazioni normative per definire cosa esattamente gli altri sarebbero obbligati a fare, come, quando e con quali strumenti gli individui dovrebbero difendere la proprietà privata altrui.

Fonte:http://www.trend-online.com/prp/diritto-negativo-041213/


Nella seconda parte di questo post della rubrica Discussioni di Economia, illustrerò il grado zero di una norma di diritto, ossia la consuetudine, e le caratteristiche che quest'ultima deve avere per affrontare il processo evolutivo che la condurrebbe a diventare, un giorno, legge.

Quali caratteristiche dovrebbe avere una consuetudine affinché essa diventi legge? Ebbene, solo le consuetudini le quali sono in grado di promuovere una convivenza pacifica fra gli individui possono candidarsi a diventare un giorno legge. Le consuetudini che falliscono in questo intento invece, o si perdono nella notte dei tempi oppure entrano nelle pagine nere della storia dell'umanità.

Giunti a questo punto, mettiamo da parte la descrizione del corrotto percorso di formazione della legge che oggi noi conosciamo e che nasce nei palazzi del potere e proviamo a descrivere brevemente il processo evolutivo di una legge nel senso pocanzi definito, che sorge fra le strade e i selciati della vita quotidiana di una comunità.

Tutto ha inizio quando gli individui, costituitesi in nuclei familiari e vivendo in uno stesso territorio, necessitano di escogitare una maniera affinché la loro convivenza sia pacifica rispetto al godimento di una o più risorse scarse che il territorio offre: ad esempio, avere la necessità di godere dell'uso esclusivo di un fazzoletto di terra, acquisito legittimamente, su cui si è deciso di stabilire la propria dimora e attività agricola.

In assenza di condivise regole di condotta, nel caso dell'esempio di cui sopra, è immediato intuire che il rischio sociale principale sia costituito dal fatto che individui, i quali siano particolarmente prepotenti, possano avere l'ardire di irrompere sulla terra in cui già vive o lavora in proprio un altro individuo, al fine di espropriarlo con la forza. Ciò sarebbe causa di liti, ritorsioni e vendette di ogni genere, i quali sarebbero all'ordine del giorno, così da rendere la vita della società per niente serena.

Continuando con questo esempio, possiamo immaginare che, prima o poi, arrivi il momento in cui, più di un individuo si renda spontaneamente conto che, per evitare in futuro di vedersi violati dagli altri i propri possedimenti, basterebbe che oggi egli non violi i possedimenti altrui. In pratica, si comprende che se tutti assumessero un comportamento non violento nei confronti del prossimo, si renderebbe più pacifica e serena la convivenza di una comunità di individui. E questo è ciò che effettivamente succede.

Di conseguenza, dal momento in cui sempre più individui mettono in pratica il rispetto della proprietà altrui, accade che, data la sua efficacia a conferire maggiore serenità e certezza, il comportamento a non violare i possedimenti altrui inizia ad essere assunto in maniera sistematica, da sempre più persone, tramandandolo di generazione in generazione. Ciò accade con sempre più frequenza perché prevale il giudizio secondo cui, anche se nel breve periodo rubare oggi la proprietà altrui può recare vantaggi a colui che ruba, nel lungo periodo conviene non rubare oggi per non essere, a sua volta, derubati dagli altri in futuro.

Nasce così la consuetudine, la quale viene sempre più rispettata, ma non ancora per motivi morali, bensì per motivi di interesse (David Hume, che teorizzava per primo quanto qui descritto, definiva questo interesse come un "interesse illuminato"). In effetti, è riscontrabile il dato di fatto che la consuetudine di rispettare la proprietà altrui determini la riduzione dei conflitti, la prosperità del gruppo sociale che la osserva e l'evoluzione del relativo sistema sociale, il quale diventa sempre più complesso e progredito (vedi la storia americana, nei primi decenni a seguire la dichiarazione di indipendenza). Invece, le società che non osservano questa regola si indeboliscono e, prima o poi, tendono a scomparire del tutto (vedi la storia nazzista della Germania di inizio secolo scorso, quella socialista dell'URSS e dei paesi dell'europa dell'est).

A lungo andare, più la società si fa complessa e prospera, più il nesso causale fra la consuetudine di rispettare la proprietà privata e la conseguente prosperità della società che la rispetta si fa meno evidente per ogni singolo individuo. È normale che sia così; infatti, questo nesso si fa sempre più scontato e gli individui tendono a non individuare più questo nesso in modo nitido, ma a considerare quella consuetudine come un comportamento da seguire perché così è sempre stato ed è così che ci si è sempre trovati bene.

Quando ciò succede, è segno che la consuetudine si sia evoluta in regola morale.

Il rispetto della proprietà privata diventa, quindi, un comportamento non più semplicemente consuetudinario a difesa dei propri interessi ma, proprio per la sua efficacia a rendere pacifica la vita fra gli individui e prospera la società che la rispetta, una regola da seguire per motivi morali. La consuetudine si fa così principio astratto di giustizia e, nel caso della proprietà privata, l'azione di rubare diventa un comportamento sbagliato, a prescindere dagli effetti particolari che ne derivano.

Hume riferisce che a determinare il passaggio dalla consuetudine a principio morale sarebbe l'immedesimazione negli interessi della società. Ossia, immaginare cosa prova colui che subisce una violazione (nel nostro esempio, la violazione è costituita dal furto) e, per questo, provare delle emozioni, che generano un sentimento di condanna nei confronti del trasgressore (nel nostro esempio, del ladro). In definitiva, la violazione di una convenzione provoca un sentimento di condanna, a prescindere che le conseguenze si subiscano direttamente sulla propria pelle oppure no.

E' a partire da questo momento che la consuetudine, la quale si è fatta principio generale, può diventare legge. Tale principio, però, dovrà essere dapprima scoperto dagli individui poiché, come detto in precedenza, nel tempo, il nesso causale fra consuetudine e prosperità si fa sempre meno definito, poi esso potrà essere definito per iscritto, al fine di sancirne l'inviolabilità. Dopo di ché, sarà possibile associare ad esso la pena da applicare al trasgressore, sulla base del tipo di organizzazione, di cultura e di convenzioni che la comunità di individui decidono di rispettare.

Questo che abbiamo descritto fin'ora è il processo evolutivo delle istituzioni sociali, attraverso cui le consuetudini le quali sono in grado di ridurre, più delle altre, le conflittualità fra individui, si evolvono, diventano principi generali, per poi essere scoperti e infine sanciti come legge della comunità. Questo è un pensiero più che teorico; infatti, molte delle norme del codice civile italiano non sono altro che il frutto della scoperta, da parte di studiosi del diritto, dei principi generali tramandati nei secoli fino ai tempi più recenti, facendo di essi delle esemplari norme di diritto negativo. E che dire della costituzione degli Stati Uniti d'America? Ma di quella originaria siglata nel 18xx, quella sì che è stata la "costituzione più bella del mondo", fondata sui principi generali di libertà. Altro che quella italiana (che non è la più bella del mondo) la quale non è altro che una concessione allo stato del controllo delle vite di tutti i suoi cittadini!

Si ricordi infine, che un processo evolutivo simile a quello descritto per una regola di diritto, lo affrontano altre importanti istituzioni sociali quali il denaro, la lingua, il mercato, ecc.. Di conseguenza, ogni tentativo mirato ad impedire, interrompere o viziare, con atti particolari, tale evoluzione, rischia di compromettere il naturale e pacifico equilibrio dei rapporti fra individui e fra comunità, che queste istituzioni invece sarebbero in grado di promuovore in condizioni di libertà.






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PE LA MAIELL !

PE LA MAIELL !
LA MIA MAIELLA : REGINA MAESTOSA DELLA MIA TERRA !!! URLA STOP scie chimiche!!! Vasto (CH) Abruzzo Italia Europa Mondo 14 gennaio 2014 ore 15.00