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domenica 5 marzo 2017

AUTODETERMINAZIONE INDIVIDUALE E DIRITTO NATURALE

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Autodeterminazione dei popoli

Principio in base al quale i popoli hanno diritto di scegliere liberamente il proprio sistema di governo (autodeterminazione interna) e di essere liberi da ogni dominazione esterna, in particolare dal dominio coloniale (autodeterminazione esterna). Proposto durante la Rivoluzione francese e poi sostenuto, con diverse accezioni, da statisti quali Lenin e Wilson, tale principio implica la considerazione dei diritti dei popoli, in contrapposizione a quella degli Stati intesi come apparati di governo (Stato. Diritto internazionale). In tal senso, si pone potenzialmente in conflitto con la concezione tradizionale della sovranità statale; la sua attuazione deve inoltre essere contemperata con il principio dell’integrità territoriale degli Stati.
Il principio costituisce una norma di diritto internazionale generale, cioè una norma che produce effetti giuridici (diritti e obblighi) per tutta la comunità degli Stati. Rappresenta pure una norma di ius cogens, “diritto cogente”, ovvero inderogabile [lo ius congens, in diritto internazionale, indica il complesso delle norme consuetudinarie poste a tutela di valori ritenuti fondamentali e a cui non si può in alcun modo derogare]. Si tratta di un principio supremo ed irrinunciabile di diritto internazionale e, come ogni disposizione di diritto internazionale, viene ratificato dalle leggi interne di uno Stato. Questo, nel caso dell’Italia, è stabilito dall’art. 10 della Costituzione; la legge di ratifica è la n. 881/1977. In tal senso, il principio ha la stessa efficacia di una legge interna, e prevale sulle leggi statali (Cassazione penale, sentenza del 21.03.1975).

Affermato nella Carta Atlantica (14 agosto 1941) e nella Carta delle Nazioni Unite (26 giugno 1945; art. 1, par. 2 e 55), il principio di autodeterminazione dei popoli è ribadito nella Dichiarazione dell’Assemblea generale sull’indipendenza dei popoli coloniali (1960); nei Patti sui diritti civili e politici e sui diritti economici, sociali e culturali (1966); nella Dichiarazione di principi sulle relazioni amichevoli tra Stati, adottata dall’Assemblea generale nel 1970, che raccomanda agli Stati membri dell’ONU di astenersi da azioni di forza volte a contrastare la realizzazione del principio di autodeterminazione e riconosce ai popoli il diritto di resistere, anche con il sostegno di altri Stati e delle Nazioni Unite, ad atti di violenza che possano precluderne l’attuazione.


Nel diritto internazionale, l’affermazione dell’autodeterminazione dei popoli – frutto di un processo graduale a lungo contrastato dai paesi occidentali e fortemente collegato, nella prassi, alla fortunata azione dell’ONU a favore della completa decolonizzazione – è ormai acquisita sul piano consuetudinario limitatamente al divieto di tre specifiche fattispecie, qualificate come crimini internazionali: la dominazione coloniale, l’occupazione straniera e i regimi di segregazione razziale (apartheid) o altrimenti gravemente lesivi di diritti umani fondamentali


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Diritti umani. Diritto internazionale 
Il diritto internazionale ha per lungo tempo ignorato i rapporti tra lo Stato e l’individuo (a eccezione delle norme sulla protezione diplomatica), sulla base del principio della ‘non ingerenza degli affari interni’, sicché la tutela dei diritti umani rientrava nella sfera di competenza interna di ogni singolo Stato. Solo in seguito alle flagranti violazioni dei diritti umani commesse durante il secondo conflitto mondiale, la loro tutela è divenuta oggetto di norme internazionali, sia pattizie che generali. 
La Carta delle Nazioni Unite (1945) già conteneva, nel preambolo, riferimenti ai diritti fondamentali dell’uomo ed esortava le nazioni (art. 1) a sviluppare relazioni amichevoli, fondate sul diritto all’autodeterminazione dei popoli, e a promuovere e incoraggiare il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali per tutti, senza distinzione di razza, sesso, lingua o religione. Il 10 dicembre 1948 l’Assemblea generale adottò inoltre, con risoluzione 217 (III), la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo che, pur non avendo carattere vincolante, pose le basi per l’affermazione di tali diritti a livello internazionale. Tra questi, vanno anzitutto ricordati i diritto diritti civili e politici (cosiddetti di ‘prima generazione’, di matrice occidentale), che comportano soprattutto obblighi di astensione per gli Stati: il diritto alla non discriminazione, all’integrità fisica, alla vita, alla libertà personale, di pensiero, di religione. Ci sono poi i diritti economici, sociali e culturali (cosiddetti di ‘seconda generazione’, propugnati in passato dai paesi socialisti), che comportano obblighi di agire da parte degli Stati: diritto al lavoro, alla salute, all’istruzione. 
Negli anni 1970, i paesi in via di sviluppo sostennero l’esistenza di diritti collettivi, o della solidarietà (cosiddetti di ‘terza generazione’), tra cui il diritto allo sviluppo, alla pace, a un ambiente salubre. Questi ultimi possono essere considerati diritti solo in senso lato, in quanto è difficile individuare il titolare degli obblighi corrispondenti, configurandosi piuttosto quali interessi collettivi delle comunità. In seguito si è venuta delineando una ‘quarta generazione’ di diritti umani, connessi all’impiego delle nuove tecnologie soprattutto nel campo della genetica e dell’informatica. Tale classificazione ha carattere descrittivo e non indica una gerarchia, in quanto i diritti umani riconosciuti a livello internazionale si caratterizzano per essere indivisibili e interdipendenti. 
Le convenzioni sui diritti umani. - Vanno menzionate le numerose convenzioni in materia stipulate grazie all’azione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite: la Convenzione per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio (1948); la Convenzione internazionale sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale (1965); il Patto sui diritti civili e politici (con due Protocolli addizionali) e il Patto sui diritti economici, sociali e culturali (entrambi del 1966); la Convenzione internazionale sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna (1979, con un Protocollo facoltativo); la Convenzione contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti (1984); la Convenzione sui diritti del minore (1989, con due Protocolli facoltativi). Tra gli accordi stipulati a livello regionale occorre infine ricordare: la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (1950, integrata da 14 Protocolli), che ha istituto la Corte europea dei diritti umani, cui possono rivolgersi direttamente gli individui; la Convenzione americana dei diritti umani (1969); la Carta africana dei diritti dell’uomo e dei popoli (1981).

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PE LA MAIELL !

PE LA MAIELL !
LA MIA MAIELLA : REGINA MAESTOSA DELLA MIA TERRA !!! URLA STOP scie chimiche!!! Vasto (CH) Abruzzo Italia Europa Mondo 14 gennaio 2014 ore 15.00