Il diritto di autodeterminazione è un diritto “rivoluzionario” sia perchè comporta processi di ristrutturazione geopolitica sia perchè implica che il popolo mantenga una propria soggettività giuridica e politica internazionale, distinta da quella dello stato: “Il diritto all’autodeterminazione ha una virtualità permanente” (H. Gros Espiell). Questo significa che finché c’è popolo c’è diritto di autodeterminazione (...). Occorre chiedersi in via preliminare: siccome il processo di autodeterminazione, nel sistema internazionale contemporaneo, oltre che generare conflitti armati sfocia nella creazione di nuovi stati nazione sovrani armati, che significa aumento del tasso di statualità armata e quindi del pericolo di conflittualità armata, è veramente utile e giusto favorire l’autodeterminazione al di fuori del contesto coloniale? La risposta non può che essere positiva per una triplice ragione:
a. perchè c’è il riconoscimento giuridico internazionale di questo diritto;
b. perchè c’è rivendicazione crescente di questo diritto in ogni parte del mondo;
c. perchè c’è il nuovo diritto internazionale dei diritti umani nel suo insieme che consente di trovare soluzioni adeguate.
Quindi bisogna preoccuparsi di trovare specifiche misure di garanzia di questo diritto, perchè il suo esercizio avvenga in modo pacifico. Nel nostro caso, gli strumenti di garanzia non possono limitarsi soltanto a misure quali ‘comunicazioni collettive’ ai Comitati delle Nazioni Unite e ricorsi a Corti internazionali, ma comporta l’allestimento di appropriati sistemi di sicurezza internazionale nel quadro di una strategia per un nuovo ordine internazionale democratico fondato sui principi che avevamo prima richiamati. Si tratta di coniugare insieme indipendenza politica territoriale, disarmo, integrazione e sicurezza internazionale. In altre parole, bisogna uscire fuori dall’ottica della frontiera territoriale armata - ottica tra l’altro contraddetta dai grandi processi planetari dell’interdipendenza, della transnazionalizzazione e dell’organizzazione in ogni campo della vita umana, oltre che naturalmente dell’internazionalizzazione dei diritti umani e dei popoli -, insomma rivedere alle radici la forma stato nazione sovrano.
Perchè l’esercizio del diritto all’autodeterminazione sia legittimo, occorre che la comunità umana interessata abbia la natura di popolo e rispetti le seguenti condizioni:
1. fare immediato, esplicito riferimento al diritto internazionale dei diritti umani;
2. mettersi subito sotto l’autorità sopranazionale delle Nazioni Unite e delle istituzioni regionali a queste coordinate;
3. non usare la violenza, ma gli strumenti propri del metodo democratico: negoziato, referendum, plebiscito, elezioni, ecc.;
4. rispettare tutti i diritti umani, in particolare i diritti delle minoranze;
5. impegnarsi che la eventuale nuova entità territoriale non sia armata;
6. darsi una costituzione democratica che riconosca esplicitamente il primato del diritto internazionale dei diritti umani;
7. aderire subito ad un sistema di integrazione internazionale.
La comunità internazionale, nell’esigere il rispetto di queste condizioni, deve a sua volta adempiere ai seguenti impegni:
1. nel territorio ove si ponga un problema di autodeterminazione essere subito presente con una apposita struttura di garanzia sopranazionale articolata in:
a. struttura di monitoraggio;
b. struttura di supervisione dei processi di manifestazione della volontà popolare;
c. struttura di interposizione (se necessaria);
2. allestire sistemi di sicurezza collettiva internazionale sotto l’autorità sopranazionale delle Nazioni Unite;
3. trasformare in senso federale le preesistenti istituzioni regionali di integrazione, perchè le nuove entità territoriali ne facciano subito parte;
4. democratizzare tutte le istituzioni internazionali (ONU, CSCE, Consiglio d’Europa, ecc.), mediante forme di legittimazione diretta e di partecipazione politica popolare ai processi decisionali internazionali. Sul piano europeo, si richiede subito alla CSCE, alla Comunità europea e al Consiglio d’Europa di creare una Agenzia inter-istituzionale paneuropea per i problemi dell’autodeterminazione e delle minoranze, cui partecipino anche l’ONU e la HCA.
La rete di collegamento transnazionale (network) delle istituzioni indipendenti di società civile ha un duplice compito da realizzare:
1. promuovere l’approccio “diritti umani e democrazia” per i processi di autodeterminazione;
2. essere subito presente, con una propria struttura di monitoraggio e di dialogo, nel tessuto sociale e politico del territorio interessato alla autodeterminazione per favorire l’uso degli strumenti democratici e l’internazionalizzazione del caso.
http://unipd-centrodirittiumani.it/it/attivita/autodeterminazione-diritti-umani-e-diritti-dei-popoli-diritti-delle-minoranze-territori-transnazionali/187
http://unipd-centrodirittiumani.it/it/attivita/autodeterminazione-diritti-umani-e-diritti-dei-popoli-diritti-delle-minoranze-territori-transnazionali/187
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