Dieci regole da uno dei grandi intellettuali della nostra epoca, per difenderci nel mare della manipolazione mentale.
La
necessaria premessa è che i più grandi mezzi di comunicazione sono nelle
mani dei grandi potentati economico-finanziari, interessati a filtrare
solo determinati messaggi.
1) La
strategia della distrazione, fondamentale, per le grandi lobby di
potere, al fine di mantenere l’attenzione del pubblico concentrata su
argomenti poco importanti, così da portare il comune cittadino ad
interessarsi a fatti in realtà insignificanti. Per esempio, l’esasperata
concentrazione su alcuni fatti di cronaca (Bruno Vespa é un maestro).
2) Il
principio del problema-soluzione-problema: si inventa a tavolino un
problema, per causare una certa reazione da parte del pubblico, con lo
scopo che sia questo il mandante delle misure che si desiderano far
accettare. Un esempio? Mettere in ansia la popolazione dando risalto
all’esistenza di epidemie, come la febbre aviaria creando ingiustificato
allarmismo, con l’obiettivo di vendere farmaci che altrimenti
resterebbero inutilizzati.
3) La
strategia della gradualità. Per far accettare una misura inaccettabile,
basta applicarla gradualmente, a contagocce, per anni consecutivi. E’ in
questo modo che condizioni socio-economiche radicalmente nuove
(neoliberismo) furono imposte durante i decenni degli anni 80 e 90:
stato minimo, privatizzazioni, precarietà, flessibilità, disoccupazione
in massa, salari che non garantivano più redditi dignitosi, tanti
cambiamenti che avrebbero provocato una rivoluzione se fossero stati
applicati in una sola volta.
4) La
strategia del differimento. Un altro modo per far accettare una
decisione impopolare è quella di presentarla come “dolorosa e
necessaria”, ottenendo l’accettazione pubblica, al momento, per
un’applicazione futura. Parlare continuamente dello spread per far
accettare le “necessarie” misure di austerità come se non esistesse una
politica economica diversa.
5)
Rivolgersi al pubblico come se si parlasse ad un bambino. Più si cerca
di ingannare lo spettatore, più si tende ad usare un tono infantile. Per
esempio, diversi programmi delle trasmissioni generaliste. Il motivo?
Se qualcuno si rivolge ad una persona come se avesse 12 anni, in base
alla suggestionabilità, lei tenderà ad una risposta probabilmente
sprovvista di senso critico, come un bambino di 12 anni appunto.
6)
Puntare sull’aspetto emotivo molto più che sulla riflessione.
L’emozione, infatti, spesso manda in tilt la parte razionale
dell’individuo, rendendolo più facilmente influenzabile.
7)
Mantenere il pubblico nell’ignoranza e nella mediocrità. Pochi, per
esempio, conoscono cosa sia il gruppo di Bilderberg e la Commissione
Trilaterale. E molti continueranno ad ignorarlo, a meno che non si
rivolgano direttamente ad Internet.
8)
Imporre modelli di comportamento. Controllare individui omologati é
molto più facile che gestire individui pensanti. I modelli imposti dalla
pubblicità sono funzionali a questo progetto.
9)
L’autocolpevolizzazione. Si tende, in pratica, a far credere
all’individuo che egli stesso sia l’unica causa dei propri insuccessi e
della propria disgrazia. Così invece di suscitare la ribellione contro
un sistema economico che l’ha ridotto ai margini, l’individuo si
sottostima, si svaluta e addirittura, si autoflagella. I giovani, per
esempio, che non trovano lavoro sono stati definiti di volta in volta,
“sfigati”, choosy”, bamboccioni”. In pratica, é colpa loro se non
trovano lavoro, non del sistema.
10) I
media puntano a conoscere gli individui (mediante sondaggi, studi
comportamentali, operazioni di feed back scientificamente programmate
senza che l’utente-lettore-spettatore ne sappia nulla) più di quanto
essi stessi si conoscano, e questo significa che, nella maggior parte
dei casi, il sistema esercita un gran potere sul pubblico, maggiore di
quello che lo stesso cittadino esercita su sé stesso.
Si tratta di un decalogo molto utile. Io suggerirei di tenerlo bene a mente, soprattutto in periodi difficili come questi.
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